IL MORTO DEL MESE

lunedì 21 aprile 2014

Rubin "Hurricane" Carter (1937-2014)

TORONTO, CANADA -
Here comes the story of the Hurricane,
The man the authorities came to blame
For somethin' that he never done.
Put in a prison cell, but one time he could-a been
The champion of the world
Citazione obbligatoria per iniziare il negrologio di Rubin "Hurricane" Carter, pugile peso medio americano noto principalmente per essere stato ingiustamente (dice lui) condannato insieme a un suo amico per triplice omicidio per una sparatoria in un bar avvenuta nel 1966.

Prima di finire in gattabuia, Carter era un pugile piuttosto forte nella sua categoria: il risultato più eclatante lo ottenne nel 1963, quando scartavetrò di cazzotti il supercampione amante dei cappellini Emile Griffith, in un incontro durato poco più di due minuti. La vittoria contro Griffith lo portò a giocarsi il titolo mondiale contro Joey Giardello, senza fortuna. Disputò qualche altro incontro (tipo quello contro Dick Tiger, che stando alle sue parole fu il pestaggio più duro della sua vita) prima di venire arrestato per l'omicidio di cui sopra: fu fermato con un suo amico nei pressi del luogo del delitto su una macchina simile a quella descritta dai testimoni (secondo i quali gli assassini erano due tizi di colore), con a bordo armi da fuoco, un fucile e una pistola, compatibili con quelle utilizzati nella sparatoria.

Lui si dichiarò subito innocente:
Qui tutti ce l'hanno con me perché io sono piccolo e nero... è un'ingiustizia però!
e divenne subito una specie di martire per i diritti dei negri. Erano in molti a credere alla sua estraneità ai fatti, tra questi Bob Dylan, che scrisse la famosissima canzone sopracitata dopo aver letto la sua autobiografia, mentre a non crederci affatto erano i giudici americani, che lo condannarono all'ergastolo per ben due volte. Fu liberato solo nel 1985, senza che la sua innocenza (ma neanche la sua colpevolezza) venisse effettivamente provata. Ormai l'innocenza di Carter è data per scontato, eppure non era certo uno stinco di santo: a 14 anni finì in riformatorio, dal quale scappò per arruolarsi nell'esercito; dopo due anni fu congedato con disonore e finì in carcere, poi di nuovo in carcere e poi di nuovo in carcere, finché tanto per cambiare non finì in carcere, stavolta per quattro anni di fila. Sicuramente se fosse stato bianco tutto questo non sarebbe successo. Vabbè, comunque la sua storia mi ha incuriosito, vado a vedermi Hurricane.

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Morirono così