MILANO, 41-BIS - Baciamo le mani al passaggio della salma di Raffaele Ganci, macellaio palermitano e storico braccio destro di Totò Riina, morto in carcere in quel di Milano, cittadina nelle cui patrie galere stava scontando una qualche compilation di ergastoli. La sua carriera inizia grossomodo nel contesto della seconda guerra di mafia con gli assassinii dei boss Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo e Salvatore Scaglione (di quest'ultimo non fu mai ritrovato il corpo), nonché del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Gli omicidi furono perpetrati dal Ganci in compagnia dei suoi figli - la famigghia innanzitutto! - e fu proprio grazie alla loro fedeltà alla "causa" e alla loro macellaia spietatezza che il capofamiglia diventò capomandamento della Noce. In qualità di capocosca, Ganci divenne quindi anche membro della Cupola e fu tra quelli che, nel 1992, votarono a favore degli assassinii dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per quel che riguarda Borsellino, tra l'altro, va detto che la macelleria di famigghia di Ganci era ubicata proprio nei pressi dell'abitazione del giudice mortammazzato e che, quel fatidico giorno, fu proprio lui, dopo essersi affacciato dalla bottega, ad avvisare i suoi che Borsellino stava rincasando. L'anno successivo, però, fu arrestato insieme ai figli e nel 1996 accadde l'impensabile: il figlio Calogero decise di rifarsi una carriera da pentito e di spifferare alle forze dell'ordine decinaia delle loro malefatte. Ecco: da quel momento esatto, Raffaele dichiarò che Calogero non era più suo figlio. True story, bro! Altro che la famigghia innanzitutto!!!
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