TORINO?, ITALIA - Eccheccazzo! C'era quasi passata inosservata la notizia della morte di Frate Leone, più noto col soprannome di Frate Mitra, legionario poi francescano poi rivoluzionario e infine spione. La sua storia è alquanto particolare e ricca di aneddoti, perciò iniziamo: nato in Piemonte nel 1939 col nome di battesimo di Silvano Girotto, da adolescente si recò clandestinamente in Francia alla cazzo, senza alcun apparente motivo e, beccato dagli sbirri locali (i quali stavano per arrestarlo in quanto clandestino), decise di arruolarsi nella Legione straniera (ah, all'epoca dell'evento aveva solo 17 anni, quindi mentì sulla sua età per poterlo fare), però si stancò ben presto di sottostare alle regole (non sopportava più che dovessero torturare gli algerini catturati: mah, vallo a capire!) e dopo solo un paio di mesi tornò in Italia e insieme ad alcuni amici derubò una tabaccheria. Incarcerato, ebbe una "sorta di conversione" e decise di farsi frate: enter Frate Leone. A 30 anni cambiò ancora la sua identità in Padre Leone e, nel 1971, fu mandato missionario in Bolivia. Appena arrivatovi, ci fu un colpo di Stato militare e Comecazzolodevochiamarenonloso si schierò con il popolo che cercava di reagire, assumendo il nome di battaglia di David (anche se, le cronache dell'epoca gli affibbiarono il nomignolo di Frate Mitra). La guerriglia boliviana, però, aveva basi anche in Cile e, guarda caso, il nostro eroe, era proprio lì che si trovava quando Pinochet fece il colpaccio. Daje di guerriglia pure in Cile e via! Ma durante i combattimenti, Silvano fu ferito e quindi rispedito in Italia. Inutile dire che nel mentre dei suoi anni di guerriglia vinse un'espulsione dall'Ordine francescano. La storia finisce qui? Macché! Nel 1974, provò ad affiliarsi alle Brigate Rosse, ma il suo (si scoprì dopo) era solo un barbatrucco: Mitrino nostro, infatti, era contrario al programma delle BR e, una volta entrato in contatto coi pezzi grossi, aiutò il papà di Rita Dalla Chiesa a individuare e arrestare Renato Curcio e Alberto Franceschini. Poi, vabbé, che è morto ve l'abbiamo detto, quindi abbiamo finito. Mò bisogna vedere quale dei suoi millemila nomi metteranno sulla lapide!
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