ROMA, ITALY -
Se Gesù anziché finire in croce veniva impalato, adesso ai santi dove comparivano le stigmate?
Checca (si può dire checca?) prototipica (e prototipica: si può dire, sì?) che piaceva a froci e piccini, Poli Paolo si esibiva in tutta la sua frocieria quando ancora nessuno aveva coniato il termine drag queen, quando il (l'ex) compagno Vladimiro non era che un luxurioso scambio di occhiate tra genitore 1 e genitore 2, quando anche il solo pensare ad un concetto quale matrimonio gay avrebbe di sicuro portato all'inferno, etc. etc. Dona un po' di gaya tristezza parlare del trapasso di Poli Paolo, uno dei femminielli più famosi del teatro nazionale (di sicuro, il capostipite). Lo piangono i colleghi Mastelloni, Malgioglio e Cecchi Paone.
Ho capito fin da piccolo di essere gay. Mi garbava il fornaio. Poi sono andato al cinema, a vedere King Kong, quello vero, e scoprii che mi garbava pure il gorilla. Invidiavo le mie sorelle che avevano le bambole, io con i fucili non sapevo giocare: mi sparai in un occhio, per un anno portai una benda da pirata. Le istituzioni ecclesiastiche non riuscirono a recuperarmi, anzi. Sollevavo le gonne delle suore e quel che vedevo mi confortava nella mia omosessualità.
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