IL MORTO DEL MESE

giovedì 30 maggio 2013

Franca Rame (1929-2013)

MILANO, ITALIA - Pare non conoscere fine la sete di anime VIP della Nera Signora questo mese: ieri s'è portata via quella di Franca Rame, arcinota attrice di teatro e moglie di quel maschio prepotente di Dario Fo, con il quale aveva avuto alcuni drammi coniugali (eh, per fortuna che c'è Agipgas!). Insieme al marito (al quale l'accomuna una candidatura a Presidente della Repubblica) è stata sempre considerata una "intellettuale di sinistra" (o, per dirla con le parole de Il Giornale, "attrice-agitatrice che portò il fanatismo in scena"), oltre che una determinata femminista: a causa del suo impegno politico, e in particolare per il suo attivismo in Soccorso Rosso e la sua esposizione nella faccenda di Pinelli (se avesse saputo la brutta fine che avrebbe fatto la sinistra italiana, probabilmente si sarebbe fatta i cazzi suoi), guadagnò le antipatie degli ambienti reazionari dell'epoca, tanto che nel 1973 fu rapita, pare dietro iniziativa dei carabinieri, da cinque fascistoni e violentata a turno.
Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male... nel senso che mi sento svenire... non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo... per l’umiliazione... per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello... per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero... mi fanno male anche i capelli... me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia... è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca. Cammino... cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora... Sento le loro domande. Vedo le loro facce... i loro mezzi sorrisi... Penso e ci ripenso... Poi mi decido... Torno a casa... torno a casa... Li denuncerò domani.
Inutile dire che per quest'azione nessuno ha fatto neanche un minuto di carcere, visto che il processo s'è concluso venticinque anni dopo con la prescrizione del reato. A questa esperienza reagì a modo suo: dopo due anni portò in teatro il monologo Lo stupro (testo completo), dal quale è tratto il pezzo riportato sopra.
Ma quello che vorrei continuare a dire alle donne, anche dopo la mia morte, è di non perdere mai il rispetto di se stesse, di avere dignità. Sempre. Ripensando alla mia vita non ho mai permesso che mi si mancasse di rispetto.
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Morirono così