IL MORTO DEL MESE

giovedì 3 febbraio 2011

Milton Babbitt (1916-2011)

PRINCETON, NEW JERSEY - Sarò franco: ci ho messo un po' per riuscire a capirci qualcosa nelle composizioni di Milton Babbitt; non sono particolarmente avvezzo né alla musica seriale né a quella elettronica, ma proverò lo stesso a spiegarvi grossomodo di che si tratta con un linguaggio, spero, comprensibile.

Partendo dalle basi della dodecafonia postulata da Schoenberg, Babbitt ha composto centinaia di brani attenendosi alle regole della serialità e della combinatorialità (parliamo di vere e proprie regole matematiche volte alla creazione di musica il cui scopo è quello di essere creata, più che ascoltata o, se volete, musica da ascoltare col cervello, piuttosto che col cuore; perdonatemi ma meglio di così non ve lo posso proprio spiegare) dopodiché, negli anni '50, collaborò alla creazione di questo gioiello qua, primo sintetizzatore elettronico programmabile e iniziò a comporre musica con l'aiuto delle macchine, sempre attenendosi alle tecniche compositive di cui sopra... mmmm, non ci avete capito nulla, vero? Beh, non ho detto che sarebbe stato facile, d'altronde spiegare le composizioni di Babbitt, sarebbe come spiegare le sue parole:
The issue of 'science' does not intrude itself directly upon the occasion of the performance of a musical work, at least a non-electronically produced work, since — as has been said — there is at least a question as to whether the question as to whether musical composition is to be regarded as a science or not is indeed really a question; but there is no doubt that the question as to whether musical discourse or — more precisely — the theory of music should be subject to the methodological criteria of scientific method and the attendant scientific language is a question, except that the question is really not the normative one of whether it 'should be' or 'must be,' but the factual one that it is, not because of the nature of musical theory, but because of the nature and scope of scientific method and language, whose domain of application is such that if it is not extensible to musical theory, then musical theory is not a theory in any sense in which the term ever has been employed. This should sound neither contentious nor portentous, rather it should be obvious to the point of virtual tautology.
-Milton Babbitt, 1965

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